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di Viviana Mazza
Persone
La chef palestinese:«Vi svelo il segreto dell’hummus perfetto»
La chef palestinese Fidaa Abuhamdiya
27 marzo 2015
di Viviana Mazza
«Le olive del mio Paese sono famose, non ne trovi così neanche a Istanbul. Metti l’olio sulle fave, avrai un piatto buonissimo». Così raccomanda una vecchia canzone palestinese che Fidaa Abuhamdiya ha imparato da bambina e che si diverte ogni tanto a intonare ancora. Fidaa è una chef e blogger trentaduenne nata a Hebron e con una passione per l’Italia (adora anche la polenta). Dopo aver studiato alla scuola di cucina «Notre Dame» di Gerusalemme, si è laureata in Scienze e cultura della gastronomia e della ristorazione all’Università di Padova e tiene un blog e un sito di ricette in italiano (qui il «radio post» della 27esima ora) Il 12 aprile sarà a Firenze per tenere un corso di cucina al festival «Middle East Now».
C’è chi dice che il tuo hummus, la tipica crema di ceci, sia migliore di quello di «Hummus Lina» a Gerusalemme e di «Ombashi» a Nablus. Il tuo segreto?
«Ci metto il cumino. Tanti non lo fanno perché dicono che altera il gusto, ma per me diventa più intenso e più buono. Poi lo frullo a caldo».
Agli uomini della tua famiglia piace cucinare?

«A mio papà, ai miei zii, ai miei fratelli piace cucinare. Però mio papà non amava cucinare tutto, non ha mai fatto il maqlouba per esempio, che è il tipico piatto del venerdì. In italiano significa “rovesciata”: è una torta a tre strati, uno di carne, uno di verdure e il riso sopra. Preparava invece tutte le cose che si fanno in forno, come il musakhan: pollo con cipolle, sommacco e olio d’oliva. Quando siamo cresciuti abbiamo scoperto che il musakhan vero è uno strato di pane a cui si aggiunge il pollo già cotto nella cipolla. Ma papà mescolava tutto insieme e portava la pentola a cuocere nel forno collettivo, perché a quei tempi avere il forno in casa era rarissimo».
Quant’è importante il cibo per i palestinesi?
«Molto, è una parte della nostra identità che spero di non perdere. Ma in Italia ho scoperto che non tutti i palestinesi conservano le proprie tradizioni culinarie».
Cosa pensi del libro «Gerusalemme» di Ottolenghi? Dialogo tra cucina israeliana e palestinese o moda?
«L’ho solo sfogliato, perciò non posso dire molto. Oltre alle ricette tipiche, ci sono piatti yemeniti che sono esotici per noi. Il cibo per me è dialogo, ma non posso dimenticare il fatto che i palestinesi vivono sotto occupazione».
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