Perché la matematica?

Due settimane fa, l’inserto domenicale del New York Times ha pubblicato un articolo intitolato L’algebra è necessaria? A porsi la domanda non era ovviamente un matematico, o uno scienziato. Bensì, un politologo, preoccupato del fatto che ormai nelle scuole statunitensi la matematica sia diventata un ostacolo obbligatorio, che devono superare tutti coloro che poi vorranno iscriversi a qualunque tipo di corso di laurea all’università, scientifico o umanistico che sia.

“Pure i poeti o i filosofi devono studiare la matematica alle superiori”, si scandalizzava il povero politologo! E il suo argomento era che è giusto far sudare sulle equazioni o i polinomi gli studenti che se lo meritano, perché vogliono diventare ingegneri o fisici. Ma perché mai torturare gli altri, così sensibili, che vogliono invece scrivere versi o dedicarsi alla metafisica? Da noi, queste cose le dicevano Croce e Gentile un secolo fa, e il bel risultato che si ottiene a non far studiare la matematica agli umanisti lo si vede anzitutto dalle loro opere filosofiche, appunto.

Più in generale, non è certamente un caso che la filosofia analitica, che monopolizza il mondo anglosassone, sia così diversa da quella continentale, che domina nella vecchia Europa. Lo standard di rigore adottato dalla prima è infatti contrapposto allo stile letterario della seconda, e la matematica insegna anzitutto proprio quello standard. Questo è il primo motivo per studiarla: perché chi viene forgiato da una logica ferrea, nella quale un solo segno sbagliato può provocare disastri irreparabili, non si accontenterà più dei non sequitur di Heidegger o di Ratzinger, e rimarrà felicemente sordo alle sirene della metafisica filosofica o teologica.

Naturalmente, la ragione ha una sua bellezza. Dunque, il secondo motivo per studiare la matematica è educare l’occhio o l’orecchio della mente, per essere in grado di vederla o sentirla, questa bellezza. In fondo, nessuno si chiede perché si creano e si fruiscono l’arte o la musica: semplicemente, sono espressioni dello spirito umano, che soddisfano ed elevano chi le intende. Ma pochi sanno che c’è tanta bellezza nei progetti di Fidia, nelle fughe di Bach o nei quadri di Kandinsky, quanta ce n’è nei teoremi di Pitagora, di Newton e di Hilbert.

Gli esempi non sono scelti a caso. Perché nell’arte e nella musica ci sono, e ci sono sempre state, correnti razionaliste che parlano lo stesso linguaggio della matematica. E capire e apprezzare i loro prodotti richiede lo stesso grado di istruzione, e lo stesso livello di addestramento, che servono per capire e apprezzare i teoremi e le dimostrazioni. In entrambi i casi, all’insegna del motto che, certe cose, “intender non le può chi non le prova”.

E’ ovvio che certa arte e certa musica, allo stesso modo della matematica, richiedono uno sforzo superiore di quello sufficiente per guardare una pubblicità, orecchiare una canzonetta o leggere un romanzetto. Anche scalare l’Himalaya o le Alpi è più impervio che andare a passeggio, ma solo così si possono conquistare le vette, delle montagne o della cultura. E questo è il terzo motivo per studiare la matematica: perché lo sforzo di concentrazione e lo studio assiduo che sono necessari per fruirla, vengono ampiamente ricompensati dalle altezze intellettuali a cui elevano coloro che li praticano.

Infine, il quarto motivo per studiare la matematica è che serve. Senza le derivate e gli integrali, non avremmo la tecnologia meccanica ed elettromagnetica, dalle automobili ai telefoni. Senza la logica matematica, non ci sarebbero i computer. Senza la teoria dei numeri, i nostri pin sarebbero insicuri. Senza il calcolo tensoriale, i navigatori satellitari non funzionerebbero. Addirittura, senza la geometria non sarebbe stato scoperto il pallone da calcio.

Ma senza tutte queste cose, non saremmo comunque meno uomini, o uomini peggiori. Senza la ragione, la bellezza e la cultura, invece, sì. E’ per questo che la giustificazione utilitaristica, che di solito viene invocata per prima, qui appare non solo come last, ma anche come least: cioè, per ultima, anche in ordine di importanza.

449 commenti

  • annakanaf 2 settembre 2012 alle 12:22
    @immanuelkant_02

    caro immanuel, ma allora mi dici che cosa è l’arte? Mi piacerebbe avere una definizione oggettiva

    facilissimo: è il contrario di ciò che pensa lei....
    in poche righe non riesco a dire di più.

  • @immanuelkant_02

    è la seconda volta che in un post a me rivolto lei sostiene che non so cosa è l'arte (e molto probabilmente è vero vista la tipologia di studi che ho intrapreso nella mia vita...)... ma è anche la seconda volta che lei non conclude la frase,
    ... anche in breve, mi farebbe molto piacere la sua definizione!

  • guardi se legge bene i miei interventi si prima qualcosa si accorgerà che si riesce a comprendere cosa non è arte, sicché è altrettanto semplice comprendere cosa lo sia.

  • @salvo58_03

    nonostante la mia evidente irritazione (non solo cutanea dovuta all'eritema solare :-) ), ho interpretato i tuoi interventi "scettici" come una sfida a dare una dimostrazione accettabile di affermazioni date spesso per scontate. In questo senso non potevo che pensare alla "Lode del dubbio" di Brecht. Però mi chiedevo anche se era il caso di perdere tempo su cose ormai talmente affermate.

    L'atteggiamento matematico, almeno nel '900, ha preso la via assiomatica. Imposti un certo numero (il numero minimo necessario) di assiomi che, per definizione, non necessitano di dimostrazione e da quelli fai tutte le tue deduzioni. Quindi, se uno dei tuoi assiomi dice che -1 x A = -A, e da questo deduci che -1 x (-1) = -(-1) = 1, il gioco finisce qui e la dimostrazione è immediata. Se poi a Jean Baptiste Le Rond d'Alembert non piace, non c'è problema: si definisce i suoi assiomi e fa la sua matematica.
    E' chiaro che se Jean Baptiste Le Rond d'Alembert, non soddisfatto della sua matematica, viene a criticare la mia senza che io mi sia mai interessato della sua, allora dipende. Se nelle sue critiche noto interesse per capire, allora trova tutta la mia disponibilità e collaborazione. Se, invece, avverto anche un accenno di sfida e nessuna collaborazione nel cercare di comprendere, allora si becca un "Va a zappare la terra e lasciami lavorare".
    E lo stesso vale per Pascal e De Morgan.


    Anche se i termini negativo e positivo vennero in uso definitivamente nel 1600, si hanno esempi di resistenza all'uso dei numeri negativi fino a XIX secolo:

    il matematico francese Blaise Pascal (1623-1662) non vedeva alcuna necessità d introdurre i numeri negativi,

    il matematico inglese Augusty de Morgan (1806-1871) non concepiva i numeri minori di zero.

    http://www.uop-perg.unipa.it/master_sito/lucilupo_sissis/storia/storia%20numeri%20negativi.htm

  • Ars in Latino significa non solo Arte, ma anche opera d' arte, lavcoro, addirittura Scienza! La radice è la stessa di ardeo, ovvero è qualcosa che Ti infiamma. Per me può essere la discriminante quando ci troviamo di fronte ad un' opera d' arte, sia essa musicale, visiva, scritta. Se ci infiamma è Arte.

  • anche la peperonata?

  • si, proprio come la pasta e fagioli... a me piace con un bel pò di peperoncino... scherzi a parte, mi piacerebbe che immanuelkant_02 aprisse il suo scrigno e ci dicessa la sua concezioni di arte. A fare i contrari di ciò che ho scritto ne ho cavato ben poco. Se facessi il contrario di "Michelangelo è un grande artista perchè molto preciso e fedele nelle sue sculture", otterrei "Michelangelo NON è un grande artista perchè molto preciso e fedele nelle sue sculture".
    Ma qui non riesco a concludere la frase "Michelangelo è un grande artista perchè...".
    Non voglio assolutamente denigrare il povere Michelangelo che considero un artista immortale...ma con il ragionamento dei contrari mi trovo confuso...

  • esatto: Michelangelo NON è un grande artista perchè molto preciso e fedele nelle sue sculture”.
    è un artista perché produce arte non perché è un abile artigiano.
    indaghi di più questa considerazione e arriveràa delle conclusioni vicine alla definizione esatta.
    tolga invece di aggiungere.

  • Che la musica di Bach abbia molto a che fare con la matematica è un dato di fatto, quella barocca era un'epoca che cercava di conciliare la razionalità con l'assoluto, e le proporzioni matematiche con cui sono costruite le Variazioni Goldberg, ad esempio, o l'Arte della Fuga o l'Offerta Musicale sono un tentativo di utilizzare le "scarse" capacità razionali umane per costruire, tramite l'arte degli Affekten, un omaggio nei confronti dell'Assoluto, in cui ci potevi vedere, come lo vedeva Bach, il Dio dell'Antico e del Nuovo Testamento, o qualsiasi forma di assoluto che l'arte ti aiutava a toccare... ma la Matematica era un mezzo, non era il fine, il fine era l'elevazione tramite l'organizzazione dei suoni... e se vogliamo dire che la matematica serve all'elevazione, in questo senso, ma solo in questo senso lo possiamo dire... altrimenti possiamo solo dire che serve all'uomo per orientarsi, in vari campi, e secondo delle coordinate autodefinite dall'uomo come una sorta di fenomenologia obbligata, per definire cose utili all'uomo anche e soprattutto dal punto di vista tecnologico.... ora, io ho sempre avuto il sospetto che per il Prof.Odifreddi nulla supera la bellezza della tabellina dell'otto, ma suggerirei di non confondere il mezzo con il fine, altrimenti anche le Variazioni Goldberg, a considerarle solo da punto di vista delle proporzioni matematiche, diventano una bella palla... come tutta la matematica, del resto.... e la canzonetta dei cavoli e delle rape che arriva a precedere la ripresa del tema alla fine delle Goldberg ci suggerisce che, anche quando costruisci monumenti aere perennia, è meglio non prendersi troppo sul serio....

  • @Annakanaf
    Che Van Gogh sia un genio non lo decide una casta ma l'emozione di milioni di persone davanti ai suoi quadri, poi se uno non è portato per l'arte il problema è il suo, la differenza tra una crosta ed un capolavoro è ai miei occhi ed agli occhi di molti immediata, come quella tra la musica di Mozart e, che ne so, quella di Salieri, ma capisco che ci sia chi non la colga.... io ad esempio, differentemente da Odifreddi non colgo la bellezza della matematica, mi sembra una cosa tipo la settimana enigmistica, solo meno autoriferita e con qualche possibilità di diventare utile.... ma il mondo è bello perché è vario.

  • io ho cercato di porre il problema di una visione da geometra dell'arte in o.
    è un suo limite, ma nessuno è perfetto.
    che la matematica possa essere bella( o brutta) non ha niente a che vedere con il produrre e\o recepire arte.

  • Molti commenti in questo blog confermano (purtroppo) le mie esperienze: c'è molto conformismo nel definire cosa sia o non sia ARTE. Conformismo, approssimazione e confusione che mai fanno addivenire a una sostanziale conclusione che possa stabilire la qualità essenziale dell'arte in modo decisivo ed esaustivo. Infatti, non si va (quasi) mai oltre la concezione semplicistica ma "politicamente corretta" (così nessuno si offende, a patto di non fare classifiche un po' ideologiche o po' altere date da presunte e palesate profondità d'introspettive sensibilità), che ciò che EMOZIONA è arte.
    Al limite si discute (tra il serio e il faceto) se sarebbe da includere nell'elenco qualsiasi attività umana suscitatrice di emozioni (ahinoi!), oppure solo quelle delle discipline estetiche. Questo (insieme ad altre cose) di certo non permette un sano sviluppo dell'ARTE e della conseguente vera conoscenza.

  • ciò che emoziona è arte?
    tutto ciò che emoziona?
    ripeto: e la peperonata della nonna?
    e la penna di quando si era in terza elementare?
    a me sembra molto semplicistica questa visione.
    forse arte è proprio ciò che non emoziona, ciò che si rivolge all'intelletto e non al cuore.
    forse...

  • Credo che dare una definizione onnicomprensiva del concetto di Arte in poche parole sia impossibile, proprio perché per la sua complessità e la sua non riducibilità al semplice dato razionale non si può ridurre a teorema.... ha a che fare con il dato emotivo, ma anche con quello razionale, ma soprattutto riesce a fare quello che nessuna matematica riuscirà mai a fare, ossia andare oltre i concetti di spazio e tempo che limitano la nostra conoscenza "razionale", diciamo che, parafrasando Gustav Mahler potrei dire che l'Arte è la capacità di creare un mondo.... che può emozionare o anche dare fastidio, ma che stravolge di fatto, creando un riferimento assoluto, la nostra esperienza comune, e comunque ci eleva dal punto di vista spirituale, al punto che possiamo anche dire che l'arte abbia una dimensione morale.... che sia una capacità solo umana fa parte del nostro mistero.

  • Prof. Odifreddi, lei è il mio Russel: riesce sempre ad incantarmi! "Anche scalare l’Himalaya o le Alpi è più impervio che andare a passeggio, ma solo così si possono conquistare le vette, delle montagne o della cultura"... grandissimo!
    Sempre così...
    Nicola Severino
    http://cosmati.wordpress.com

  • I.mauretti

    Così va molto meglio, sono sostanzialmente d'accordo con la definizione (parafrasata) di Mahler.
    Ma non sono d'accordo che non ci possa essere una definizione di arte: sembra sia un tabù riferirsi all'arte con precisione.
    Forse perché un po' a tutti piace pensare che sia una cosa libera cui abbandonarsi finalmente senza costrizioni, considerando che nella vita di tutti giorni siamo sempre sottoposti a limiti pressanti. D'altra parte è molto difficile imbattersi in vere opere d'arte, gioviamo molto più spesso di prodotti che sono ricavati da una disciplina "artistica", ma non per questo sono delle opere d'arte. Non lo sono nemmeno se questi prodotti emozionano.
    L'arte è un qualcosa che non può e non deve essere determinato dalle emozioni che suscita a chi ne fruisce.
    Infatti, l’arte deve avere la (eventuale) direzione artista-fruitore e non altre: un'opera non diventa "artistica" se emoziona il fruitore, lo è a prescindere.
    Arte è la facoltà di scelta di qualcuno che, definendo i rapporti dei vari elementi di una disciplina estetica (suoni, parole, colori, ecc.), sintetizzi un ente che abbia dei caratteri di originalità.

  • @Nelumbo_03
    La tua definizione di arte mi sembra condivisibile, e l'ente eventualmente creato che abbia caratteri di originalità assomiglia molto al concetto mahleriano di mondo. Sono inoltre assolutamente d'accordo che un'opera non diventa artistica se emoziona il fruitore ma lo è a prescindere... è il fruitore che deve a sua volta avere sintetizzato, per sua predisposizione naturale o per studio, la capacità di coglierla, sia dal punto di vista delle esperienze personali ( ad esempio Mahler ha un effetto a venti anni ed uno ben diverso a cinquanta) sia per motivi oggettivi... l'arte insomma nasce dall'interazione tra l'ente creato e la capacità del fruitore di coglierlo... che l'arte non possa essere solo determinata dalle emozioni che suscita lo dimostra l'esercito di ragazzini/e che si entusiasmano per canzonette da quattro soldi o romanzetti idioti... in definitiva non dico che sia impossibile dare una definizione di arte ma che vivendo l'arte di tanti rapporti interpersonali creatore/fruitore sia molto difficile fare una reductio ad unum che possa valere una volta per tutte per tutti.... ammetto però che la tua definizione sia, ad esempio, valida per me....

  • I.mauretti

    Mi fa davvero piacere che tu ritenga valida la mia definizione.
    Sono in assoluto accordo quando scrivi che "l'arte è la capacità di creare un mondo...", infatti, per me un‘artista è chi assorbe e poi trasmuta una realtà sensibile agendo al suo interno quindi organizzandola in un‘entità; così, di fatto, gli dona una vita, però poi indipendente dall'origine.
    Un‘artista crea un mondo intermedio (quello artistico) tra quello umano (pratico e fattuale della messa in opera, che serve a lui per dare forma alla sua creazione) e quello (astratto, spirituale e creativo) degli dei.
    Un‘artista, se n‘è capace, può anche solo immaginare la sua composizione che sarà quindi soltanto nella sua mente e mai fattuale; quindi mai goduta dal pubblico.
    Invece il fruitore a fronte di compiute opere, se ne sarà capace, si eleverà spiritualmente e moralmente (sono di nuovo d'accordo con te).
    Pertanto insisto umilmente solo nell'affermare che il recettore dell'opera non c'entra con l'opera stessa, anche per il semplice fatto che quando viene creata l'opera, essa è sostanzialmente sempre costituita in uno spazio e in un tempo diverso dal futuro potenziale fruitore.

  • Interessante questo dibattito. Mi sono sempre chiesto quale sia la reale fruibilità, oggi, di un'opera somma come la divina commedia che è immersa fino al collo nella cultura medievale. Nel rinascimento, età di riscoperta dei classici antichi, credo che molti avessero di Dante un'idea non dissimile da quella che oggi possiamo avere di certi stravaganti poeti romantici o futuristi. E infatti si preferivano Petrarca e Boccaccio, anche se alcuni degli uomini più eminenti (come Machiavelli e Michelangelo) erano grandi ammiratori di Dante.

    C'è una validità artistica universale in quella poesia? e se la risposta è positiva, come credo, che rapporto c'è con il suo "successo" presso il pubblico? la commedia ha sempre conosciuto una tradizione di recitazione orale, perché è un'opera colta ma è anche fortemente espressiva e capace di fare presa su un largo pubblico. Ancor oggi le recite-spettacolo di Benigni riscuotono grandi applausi, ma la dimensione della lettura in privato rimane a mio parere imprescindibile.

  • come opera d'arte complessa è di fruizione articolata e difficile.
    forse la lettura più "artistica" la faceva carmelo bene.
    ma quello era un artista....

  • @Cabellen
    Credo che la Divina Commedia sia uno di quei capolavori che, pur immersi nella loro epoca, siano riusciti a cristallizzare delle verità umane assolute, direi addirittura a livello antropologico, che trascendono i secoli e le rendono sempre rinnovabili, da chi ha le capacità per farlo... tipo Benigni o Carmelo Bene... allo stesso modo, ad esempio, un capolavoro musicale come il Don Giovanni di Mozart, altrettanto assoluto portatore di verità ha bisogno degli interpreti giusti per uscire dalla dimensione del già visto e del museale in cui si rischia di far annegare tanti capolavori, che sono stati pensati da menti eccezionali, ma devono anche essere fatti rivivere e restituiti alla loro novità sempre rinnovata e rinnovabile... poi ogni epoca è più o meno adatta a ricevere certi lavori, ad esempio il novecento riceve Mozart meglio dell'ottocento e Dante meglio del settecento... in pittura la nostra abitudine al cinema ci fa cogliere meglio pittori come Caravaggio e Tintoretto rispetto ai loro contemporanei che li giudicavano stravaganti e così via...

  • Salve,
    spero che il prof. (dott.? o che altro?) ODIFREDDI legga questo commento. D'accordo sull'nsegnamento "migliorato" delle scienze matematiche nelle scuole di ogni tipo ma vogliamo parlare dello scarso livello dell'insegnamento da parte dei prof. di matematica? Saranno anche bravi "in matematica" ma capacità di insegnare = 0!
    Vogliamo parlare anche della impossibilità di un adulto di ristudiare , per combattere l'analfabetismo di ritorno, le scienze matematiche. Stendiamo un velo pietoso.
    Questi i problemi.
    Enriquus

  • @ Imaueretti e cabellan
    La deviazione è accettabile, ciononostante la musica è una disciplina artistica DIVERSA dalle altre.
    La poesia, la pittura, la scultura, ecc., hanno una peculiarità che la musica non ha: tutte (appena un po' meno la poesia che ha qualche caratteristica "musicale"), hanno un accentuato grado di rappresentatività, che da una parte le rende necessariamente più comunicative, espressive, ecc., dall'altra le limita come discipline di pura di creazione artistica (ossia è più difficile essere originali davvero poiché più vincolate).
    Quindi la fruibilità di un'opera derivante da discipline di questo tipo è maggiore, poiché "parla" il linguaggio delle quotidiane esperienze umane; ne consegue che l'interpretazione soggettiva di chi riproduce queste opere (ne sentiamo proprio il bisogno?), è un fattore tecnico molto importante per la percezione unitaria dell'opera del fruitore medio.
    Ma non è necessaria, anzi talvolta addirittura è un po' fuorviante.
    Tuttavia non bisogna dimenticare che sono connotazioni e non denotazioni: non è un'artista chi interpreta l'opera altrui, è magari un sublime "traduttore", ma non ha inventato l'opera, potrebbe essere un emozionante "performer", ma non è sicuramente un creatore: è un grande conoscitore della sua materia con i suoi strumenti che usa abilmente per riprodurre l'opera (artigiano).
    Le tecniche per "leggere e tradurre" (sovrastrutture) che immette abilmente chi interpreta l'opera (struttura), devono essere riconosciute come tali e mai confuse.
    Non comprendo invece che cosa tu voglia intendere con il discorso su Mozart: bisogna stare attenti alle rielaborazioni perché si può ottenere facilmente paccottiglia per soddisfare i gusti odierni.
    Va da sé che tutti (o quasi) i grandi creatori di opere d'arte non sono compresi e apprezzati dal pubblico nell'immediato, proprio perché un nuovo ente artistico è sempre problematico da "digerire" per la sua caratteristica fondamentale di originalità; a meno che (per qualche motivo oggettivo o soggettivo, o che sia connaturato o meno con l'opera stessa) non "parli" la "lingua del popolo".

  • Nelumbo_03
    Sicuramente chi interpreta non è artista, ma la sua funzione è ugualmente importante perché è una sorta di Medium tra l'autore ed il pubblico ed è destinato, se ci riesce, a trasmettere la potenza della concezione originaria che da parte sua è solo una parte della potenza che l'artista ha dentro di sè e che riesce ad esprimere.... quanto a Mozart non intendevo sicuramente rielaborazioni ma interpretazioni e qui ri-cito Mahler che diceva: " tradizione è sciatteria ".... intendo capacità di chi lo mette in scena, regista o direttore d'orchestra, di mettere in evidenza i suoi valori eterni attraverso un interpretazione non di routine o non inutilmente cervellotica come succede spesso nei moderni teatri, che rimetta costantemente a nuovo l'opera agli occhi della contemporaneità.

  • chi interpreta può essere un artista, perché no?
    ci sono artisti che creano solo in funzione di un interprete o di una serie di interpreti.
    la musica vuole che a grandi compositori si affianchino grandi interpreti.
    shakespeare mica scriveva per essere letto, lui voleva essere rappresentato e grandi attori-artisti lo hanno fatto.

  • immanuel
    Chi è preposto per riprodurre un'opera, soprattutto quella pensata proprio per essere riprodotta, un brano musicale magari classico, e quindi gli orchestrali, sono degli artisti? Oppure è un'artista il maestro che, della partitura originale, ritocca appena l'opera di qualche piccola connotazione?
    La grande musica casomai vuole grandi esecutori, nulla di più, poiché la grande musica è grande a prescindere da chi s'incarica di riprodurla.
    Dunque diamo per scontato che gli incaricati siano adeguatamente istruiti tecnicamente e dotati della necessaria sensibilità, insomma all'altezza del compito e non esecutori sciatti, magari diretti da maestri o registi altrettanto sciatti se non cialtroni.
    Quei pochissimi artisti che creano pensando a un interprete, creano appunto pensando a quel meraviglioso tecnico (musicista o attore che sia) che gli consente di scrivere delle musiche o dei testi (estendendo la sua "tavolozza" di creatore) che sarà possibile riprodurre (o in una particolare maniera espressiva).
    Non aggiungo altro: basterà pensarci un attimo o due… Ma la prego lo faccia.

  • Bellissimo dibattito e molto colto, sull'arte e la musica, complimenti.
    E' ovvio che qualsiasi branca del sapere umano, se appropriata, ci può dare un punto di vista (umanistico o scientifico), su praticamente qualsiasi argomento, quindi non è improprio il richiamo alla matematica fatto dal prof. Odifreddi. Chi contesta ciò adducendo argomenti "emotivi", forse non si rende conto che alla base di una passione artistica, scientifica, razionale o metafisica che sia, c'è sempre una profonda emozione. La ricerca, l'indagine ecc. partono da emozioni! Che poi abbiano esiti "razionali" o meno, si dispieghino nella scienza o nella poesia....sempre di emozione stiamo parlando! Alla base dell'esigenza di capire c'è un'emozione, lo scienziato, il poeta, il musicista, il filosofo, sono esseri umani con passioni ed emozioni! Quindi mi vanno bene tutti gli accenti sull'emozione nell'arte.....finchè non impediscono un discorso di approfondimento analitico, da qualsiasi parte e con qualsiasi mezzo venga fatto. Ciò per dire che su questo lato dell'argomento sono molto vicino all'approccio del nelumbo_03. Anche le sue analisi tecniche mi sembrano, per quanto mi è dato comprendere, razionali e centrate. Altra cosa è il discorso sulla definizione di arte. Ho riletto da poco tutte le definizioni che ho potuto trovare, interessante la differenziazione che non ricordavo fatta dallo Zingarelli tra arti illiberali (meccaniche) e liberali, più intellettuali. Giusto è dire che il concetto di arte va a braccetto con l'originalità, dato che l'arte è il prodotto di un essere che la pensa e la realizza. I problemi però nascono nel momento in cui la creazione di questa persona entra in contatto con un altro punto di vista che la percepisce, la valuta, la commenta ecc. Quindi, se il punto di vista altro non fosse importante, non staremmo neanche a disquisire. Non ci sarebbe neanche il bisogno di inventare regole o metodi di analisi....un essere crea una cosa perchè ne sente l'esigenza (le motivazioni possono essere le più svariate), che apparentemente non serve a niente, qualcuno la osserva......e via dicendo, con tutto ciò che ne può seguire! L'esigenza di parlarne, di definirla, di differenziarla, di pesarla e farne delle graduatorie ecc. nasce proprio perchè l'arte, per sua natura, crea un effetto in un altro punto di vista. Da ciò se ne può dedurre che il momento in cui si riceve e il terminale che la riceve (percependola), sono fondamentali non tanto nella creazione, quanto nella considerazione che da li in poi si avrà di essa. Ciò che a me interessa sottolineare invece, è lo stato catatonico della nostra cultura occidentale, arte compresa (soprattutto la musica è messa male ragazzi!). A me interessa, mi appassiona e mi emoziona qualsiasi imput culturale, emotivo e analitico che, secondo me, favorisca la cultura, la libertà, la comprensione, la consapevolezza, l'elevazione mentale e spirituale dell'individuo e della società. Ad un estremo avremo una società piatta formata da automi non creativi, che si ritrovano solo in riti di massa con slogan rozzi e ipnotizzanti. L'altro estremo sarebbe una società di esseri liberi, sia creativi che ricettivi, colti, ma ancora liberi di gioire della vita dell'amore e dell'arte, della performance del momento, dello studio e della riflessione approfondita. Tutte le idee e filosofie che tendono a spingere verso questo tipo di società ideale sono per me positive, funzionali e auspicabili. Tutte le teorie che, anche se in nome dell'ARTE e dell'originalità, tendono a mettere un cappello di autorità definitiva su cosa sia o meno arte, sono aberranti, ingiuste e soprattutto non funzionali. Questo perché l'autorità si sostituirebbe definitivamente a uno dei due punti della linea di comunicazione, cioè al ricevente. In una società libera, onesta e colta sapremmo discernere, il divertimento, l'originalità, l'intrattenimento, la cosa più leggera che non scanseremo per forza, la cosa più impegnata che anzi cercheremo più spesso, perché ci stimola, ci fa riflettere, sognare e magari ci spinge a creare.....

  • @franceschini59
    Quello a cui miri è sicuramente la cosa più auspicabile di tutte: una società libera, onesta, colta l’autoconsapevolezza, la gioia dello studio e della riflessione approfondita ecc.
    Senza dire che potrebbe essere un’utopia; tuttavia a quell’obiettivo appunto bisogna arrivarci.
    E il mezzo è appunto l’insegnamento e l’istruzione, dato da chi (e/o cosa) è in grado di fornire queste fondamentali conoscenze.
    Chiamarlo (con spregio) autorità (che comunque significa “chi esercita un potere legittimo”), come fai tu, è pretestuoso: sembri cavalcare un tipo di cavallo col numero 68 che mal digerisce certo fièno che a lui sa di autoritario: anche a me sarebbe piaciuto avere tutte le conoscenze (perlomeno delle discipline che mi interessavano), quasi come se fossero sviluppi naturali del mio crescere biologico, tuttavia ho dovuto studiare e l’autorità che mi insegnava le cose in genere si chiamava e si chiama professore, maestro, tutore, o come ti pare.
    Questi individui (che propugnano il sapere anche attraverso teorie) non sono “aberranti, ingiusti e soprattutto non funzionali”, ma al contrario, normali, giusti e soprattutto funzionali per accrescere più consapevolezza e più conoscenza a favore di tutti quelli che sono disposti a riceverle.
    L’autorità che citi pertanto non si sostituisce al ricevente, al limite si pone in mezzo tra lui e l’emettitore (o l’emesso).
    L’esigenza di analizzare e definire l’arte (o l’artigianato) con i suoi “prodotti” è perché per sua natura è originale (o tende di esserlo) quindi è un ente più misterioso di altri, ricavato da discipline umane alle quali però non è così difficile accedere. E soprattutto oggigiorno, con la rivoluzione elettronica-digitale con tutti suoi algoritmi di pre-programmate utilità e di automatismi, è diventato un gioco semplice “creare”, è perciò è più facile confondere e confonderci.
    E siccome questi prodotti di solito emozionano pure, l’arte diventa ancor più difficile indagarla e riconoscerla perché obnubilati da questo effetto che produce sia lei sia l’artigianato.
    Il formidabile TABÙ che niente si possa insegnare sull’arte, addirittura nemmeno cosa È ARTE (pertanto anche cosa NON È ARTE), mi sembra una resistenza ideologica da vincere: questo sì che è un temibile oscurantismo trasformato da illuminismo, insomma il lupo mascherato da pecorella (magari propugnato inconsapevolmente e in buona fede come sicuramente fai tu).
    Nessuno impedisce a qualcuno di fare quattro calcoli o scrivere qualcosa, insomma una qualsiasi attività che gli uomini vogliono compiere (pure dopo aver studiato anni), ma non per questo quello si potrà definirlo un matematico o un letterato.
    Però se qualcuno suona qualcosa o dipinge qualcosa in piena libertà (come è giusto che sia), non solo gli si fornisce la “patente sociale” di musicista o pittore, (solo perché produce qualcosa attingendo da tecniche e strumenti propri di una disciplina artistica), ma addirittura non gli si deve negare quella di ARTISTA. Non stiamo messi bene così; e soprattutto staremo sempre peggio!

  • nelumbo_03
    Calma, calma, andiamo con ordine.
    E' ovvio che non sto propugnando una totale anarchia, è ovvio, e le definizioni di arte mi sostengono che si parla di disciplina, di lavoro, di mezzi tecnici, di studio, talento, approfondimento ecc. ecc., chi lo nega?
    Come non credo si possa negare che i grandi artisti siano per forza di cose originali.
    Spero che nessun insegnante abbia mai detto: "Cari studenti, da quando inizierete ad emettere la prima nota sarete degli artisti!"
    Sicuramente però potrebbe dire: "Cari ragazzi, state entrando nel campo dell'arte, potrete diventare discreti artigiani, discreti esecutori o grandi autori e artisti. Ciò dipenderà dal vostro impegno, dal vostro talento...o da quanto vostro padre sarà in grado di pagare i critici.....".
    Il mio spregio era per "Tutte le teorie che, anche se in nome dell’ARTE e dell’originalità, tendono a mettere un cappello di autorità definitiva su cosa sia o meno arte...", e ho anche cercato di argomentarne il perchè.
    Le definizioni di arte e il fenomeni relativi all'arte hanno troppe variabili psico-socio-culturali, tecniche, fattuali e rappresentative, per essere ridotti in una definizione.
    Altra cosa è se volessimo creare un metodo per misurare "scientificamente", se possibile, quanta originalità sia presente in un'opera d'arte.
    Il problema nella società attuale sta nel fatto che, oltre a quelli da te elencati, abbiamo un rapporto con l'arte mediato dai media. Un tempo chi si avvicinava all'arte aveva un limitato numero di pareri a cui far riferimento e con cui confrontare e maturare le sue opinioni. Alla fine era forse più semplice riconoscere, nel ristretto circolo sociale di cui si faceva parte, quali erano le autorità più competenti cui far riferimento, anche se sappiamo benissimo che spesso i grandi artisti erano troppo avanti per il sentire comune e non venivano riconosciuti immediatamente, neanche dagli esperti.
    Oggi abbiamo i giornalisti al soldo delle varie industrie, a cui spesso gli artisti si genuflettono silenziosamente....
    La prima responsabilità è sempre dell'artista, è lui che deve assumersi la responsabilità di essere artisticamente se stesso, se può.
    Poi viene la responsabilità del giornalista o divulgatore, nell'essere sufficientemente al dentro ed esperto per parlare o recensire un'opera d'arte.
    Dato che esiste la libertà di opinione e che dovremmo vivere in una società liberale, non c'è nessuna garanzia che le cose si aggiustino, men che meno con forzature autoritarie dall'alto.
    Sta solo a noi (cioè a quelli sensibili a queste tematiche), spingere l'arte verso più alti traguardi espressivi di libertà.

  • @franceschini59
    Mi dispiace, ma il TABÙ sembra per te invincibile: continui ad avere una posizione ambigua.
    Ci giri intorno in maniera più che ragionevole, con questioni che se prese isolatamente, sono pure condivisibili, tuttavia continui ad affermare una cosa per me totalmente aberrante, ingiusta e non funzionale, infatti, insisti:

    (hai spregio di) “tutte le teorie che, anche se in nome dell’arte e dell’originalità (DELLA MATEMATICA e del 2+2) tendono a mettere un cappello di autorità definitiva su cosa sia o meno arte (MATEMATICA)…”.
    Così è più chiaro? Basta sostituire la parole.

    Se non risolvi questo fondamentale “problema”, per me puoi circostanziare quanto vuoi, ma rimane per me irrisolta la questione: possiamo parlare delle sovrastrutture solo dopo aver chiarito su cosa poggiare (struttura fondamentale), altrimenti bene che vada perdiamo un po' di tempo.
    Se ti piace così continua così; ma poi per favore non lamentarti dello stato dell’arte!

  • @ nelumbo
    ci sono tipi di arte che necessitano di un riproduttore: la musica vuole che ci siano dei musicisti o il teatro vuole degli attori.
    questi esecutori vengono impropriamente chiamati artisti quando fanno il loro duro lavoro che comunque deve essere basato su un lungo tirocinio e una costante applicazione tesa alla resa del testo.
    non tutti gli interpreti sono artisti ma ciò non vuol dire che non ci possano essere artisti sommi anche tra gli esecutori.
    lawrence olivier per era un grande artista sebbene non abbia prodotto in campo drammaturgico opere; toscanini un artista come rostropovic e\o gassman;.

  • Arte = ciò che viene riconosciuto come tale da persone competenti.
    Persone competenti = quelle che sanno riconoscere l'arte.

    Come si esce da questo circolo vizioso? forse con un'idea di consenso maggioritario fra persone con un certo livello di istruzione?

  • cabellen
    bisogna entrare a fare parte del circolo.
    chi non p. in compagnia o è un ladro o è una spia....

  • Insomma IK02, è sempre una faccenda da aristocratici... bisogna nascere dalla parte giusta, o riuscire ad entrare nell'élite... beh, godiamoci quello che possiamo.

  • Caro Nelumbo, insomma mi sembra di capire che la cosa si risolva, secondo te, nel sostituire la parola arte con matematica: ciò dovrebbe automaticamente dimostrare che, come sembra capire dal tuo primo intervento (cosa con cui in effetti concordo), l'apparente offerta pluralistica di chi fa musica oggi, giri effettivamente intorno ad algoritmi ormai abusati.
    Mi sembra di capire inoltre che, conseguentemente, una musica che possa fregiarsi di vera originalità (e quindi essere chiamata arte), al giorno d'oggi dovrebbe evitare (non ho capito se del tutto o in parte) quegli algoritmi.
    A livello logico il discorso non fa una piega.
    Aspetto con impazienza un artista che metta in atto, con la dovuta perizia, questo postulato.
    Se il prodotto non incontrerà il mio gusto gli darò, come ho sempre fatto nella mia vita di ascoltatore, varie prove d'appello.
    Se ancora non mi piacerà o non sarò in grado di comprenderlo potrò dire: sicuramente la cosa è originale ma a me.........e se qualcuno mi chiederà se per me è un'opera d'arte risponderò: sicuramente stiamo parlando di un prodotto artistico, perchè fatto con mezzi e metodi che appartengono all'arte ma a me..........
    Fino a qua non ho nessun problema.
    Il mio problema non è riconoscere una chiave di lettura (mai esclusiva però), matematica dell'arte. Oggi va di moda la fisica quantistica, mettiamoci pure quella, per me non è un problema, finchè si specula filosoficamente e si analizza profondamente.
    All'inizio del mio libro, riassumo brevemente gli obiettivi speculativi del pensiero umano, cioè: "migliorare il livello di sopravvivenza e svelare i misteri circa la natura di se stesso e dell'universo..... Oltre a queste c'è un'altra attività da sempre patrimonio della cultura: apparentemente meno "razionale", ha la funzione superiore di comunicare, stimolare, sintetizzare e suggerire idee, concetti ed emozioni, che abbiamo chiamata arte".
    Le mie riserve hanno lo scopo di mantenere l'arte una cosa viva: per essere viva ha bisogno di artisti che la producono e di fruitori che tentano di comprenderla, che riescono a capirne la fascinazione, che restano incantati dai mondi che l'artista propone.
    Nel descrivere la vera arte originale si è parlato dello stravolgimento che causa: bene, vorrei che ci siano sempre più persone con la predisposizione d'animo ad essere stravolte, ad abbandonarsi all'arte, a crescere con e per mezzo di essa.
    Non vorrei mai un mondo in cui l'arte sia un affare solistico.
    Non ci giro intorno, queste considerazioni dimostrano che il soggetto ricevente l'arte ha una sua valenza, anche se ovviamente non dovrebbe condizionare fortemente l'artista.
    Non sono sicuro che postulare rigidamente arte = matematica, ci faccia ritrovare con più persone capaci di apprezzare l'arte, desiderose di arte.
    Se portasse una ulteriore regressione?

  • Caro franceschini59,
    non hai capito bene: non ho mai detto ARTE=MATEMATICA (magari la musica ha fondamenti matematici, questo assolutamente sì…). Ho usato quella specie di equazione solo per chiarire che con quella frase avevi commesso un attentato alla cultura.
    Quello che sostengo è casomai il contrario: Il definire l’arte innalzerebbe la conoscenza, addivenendo così a un suo "uso" più corretto anche solo come parola, altro che regressione. Così non ci sarà un (ab)uso e consumo del termine e quindi ad obbrobri culturali, che pure posizioni non dissimili alla tua ci hanno portato: una pletora di libri sono chiamati l’arte di ricordare, l’arte di correre, l’arte di …, ecc. Anche solo il cercare un sostantivo diverso e avere più riguardo porterà a una progressione.
    Si sa che il sapere e la conoscenza si acquisiscono faticando; se le persone non vogliono farlo e rimanere superficiali e pertanto ignoranti, se vogliono illudersi di essere immersi in un mondo di artisti (magari pensano in questi termini pure di loro stessi o dei loro figli), peggio per loro (e purtroppo anche per NOI).
    La cosiddetta industria culturale ha fomentato ciò e ovviamente fomenta tutt’ora questa gran confusione, anche e soprattutto per mezzo di complici più o meno consapevoli impiegati nei mass media e che operano il tal senso sia sottilmente sia grossolanamente, ottenendo sia profitti maggiori per i mercanti sia convenienze per i politici, che gongolano sapendo che la gente è così più soddisfatta e passivamente superficiale dunque meno arrabbiata e più malleabile.
    P.S. Definire vuol dire individuare qualità peculiari e distintive. Porta a una regressione?

  • nelumbo_03 l.mauretti

    Forse non ci siamo capiti, lungi da me affermare che una migliore definizione di qualsiasi cosa porti una regressione.
    Non ho neanche difficoltà ad ammettere l'esistenza di autorità nei vari campi della cultura, ci mancherebbe.
    Riassumiamo.

    Questa la definizione del nelumbo:
    "Arte è la facoltà di scelta di qualcuno che, definendo i rapporti dei vari elementi di una disciplina estetica (suoni, parole, colori, ecc.), sintetizzi un ente che abbia dei caratteri di originalità".

    Questa una delle osservazioni di l. mauretti:
    "… in definitiva non dico che sia impossibile dare una definizione di arte ma che vivendo l’arte di tanti rapporti interpersonali creatore/fruitore sia molto difficile fare una reductio ad unum che possa valere una volta per tutte per tutti…. ammetto però che la tua definizione sia, ad esempio, valida per me…."

    Questo ciò che dice lo Zingarelli (di qualche anno fa), definizione 2:
    "L'attività, individuale o collettiva, da cui nascono prodotti culturali o comportamenti e sim., che sono oggetto di giudizi estetici, reazioni di gusto e sim., e il risultato di questa attività".

    Questa una mia frase:
    "Tutte le teorie che, anche se in nome dell’ARTE e dell’originalità, tendono a mettere un cappello di autorità definitiva su cosa sia o meno arte, sono aberranti, ingiuste e soprattutto non funzionali. Questo perché l’autorità si sostituirebbe definitivamente a uno dei due punti della linea di comunicazione, cioè al ricevente".

    Non ho problemi nel "mettere", ne stiamo piacevolmente, e spero proficuamente per tutti discutendo, non ho problemi nel riconoscere un'"autorità" se manifesta, ovviamente. E' l'insieme "mettere-autorità-definitiva", il problema che sollevo.
    Le definizioni servono a descrivere oggetti e fenomeni, da tutte le angolazioni e da tutti i punti di vista.
    Nella definizione del nelumbo manca totalmente il ricevente l'arte (o presunta tale), manca totalmente la considerazione dei giudizi e le razioni di cui parla il dizionario. Se la adottassimo dovremmo modificare tutte le altre definizioni, toglierle dal dizionario....o che so io. Alla fine mi sembra più pratico ma anche più giusto logicamente e linguisticamente distinguere e differenziare con l'aggiunta di aggettivi.
    Per far progredire l'arte in tutte le sue manifestazioni e tutti i soggetti (artisti, fruitori, insegnanti, critici e giornalisti) coinvolti, si potrebbe mettere a punto e proporre un metodo oggettivo per stabilire, senza tema di smentita, i caratteri di originalità presenti in un'opera di cui parla il nelumbo. Credo si avrebbero resistenze di vario tipo....ma si può provare, perchè no? Forse questo imput culturale provocherebbe una crescita degli artisti e quindi, prima o poi, dei fruitori.
    In ogni caso, secondo me le altre definizioni devono rimanere.Prendiamo in considerazione un ragazzino che fantastica, si estasia e si emoziona con l'ultima canzonetta pop: analiticamente il fenomeno è identico a quello del colto che ascolta e riesce ad apprezzare l'ultima originalissima composizione di un grande artista. Stesso fenomeno, stessa definizione, tutto qua.
    Quindi, innestiamo più analisi, più cultura, più consapevolezza nella società, i frutti prima o poi si vedranno.

  • Preambolo: mi sembrava di aver chiarito, circostanziandolo, perché il fruitore non dovrebbe mai entrare nella definizione di arte, e tutto sommato tu lo hai confermato con la paraboletta del ragazzino estasiato.
    [mettere+autorità+definitiva] = Un'AUTORITà deve DARE delle DEFINIZIONI (altrimenti non servirebbe a niente).

    Ho capito, ho capito; allora facciamo così con le paroline.
    Siccome la parola ARTE è invalsa formidabilmente nel nostro tessuto sociale e culturale e va a toccare molte sensibilità:
    ARTE = qualsiasi (o giù di lì) attività umana che aderendo a un impulso "creativo" susciti una sensazione e /o una percezione di solito di gradevolezza e di bellezza e/o di emozioni varie al fruitore.
    NELUMBO_03 = è la facoltà di scelta di qualcuno che, definendo i rapporti dei vari elementi di una disciplina estetica (suoni, parole, colori, ecc.), sintetizzi un ente che abbia dei caratteri di originalità. (Distaccato da ogni necessità e dal considerare il fruitore).
    Così va meglio? Tutti più tranquilli? Siete contenti?
    Adesso chi è interessato ad approfondire può andare a ricercare e scoprire che cosa è o cosa non è NELUMBO_03: sarà una proficua esperienza intellettuale e quindi spirituale.
    Passo e chiudo.

  • @Franceschini59
    A voler semplificare e partendo dalla definizione di Mahler potrei dire che Arte è la capacità di organizzare un mondo su basi razionali (comuni) ed emotive (personali) e che viene recepito su basi razionali ed emotive dagli individui che hanno le necessarie basi culturali per farlo. La parte razionale è definibile e conoscibile perché relativa ad una comunanza di conoscenza che riguarda la comunità umana che la sviluppa e la adegua nel tempo, la parte emotiva è invece non riducibile perché parte da un impulso individuale, quello dell'artista, che possiamo immaginare nemmeno del tutto espresso nell'opera ed arriva ad una ricezione individuale che ha una sua storia, necessariamente diversa da quella dell'artista, che rielabora a modo suo quella emotività creandone altra.... potremmo anche dire, da un certo punto di vista, che nell'Arte di effettui costantemente un processo di rielaborazione di energia.... e d'altronde un mondo esiste perché l'energia lo crea....

  • l.mauretti

    Condivido in pieno.
    La tua visione e i tuoi riferimenti mi parlano di una concezione totale del creato, delle creazioni e dei vari creatori. Riportano al rapporto basico di causa-effetto.
    La concezione del nelumbo_03 è sicuramente utilissima a livello didattico e analitico per il suo carattere di originalità e per l'originalità dell'arte stessa.
    I miei accenti vanno a sottolineare la linea invisibile (ma a volte assordante), fra la creazione e le reazioni che essa suscita (indipendentemente dalla volontà del creatore).
    Come per tutte le cose umane e spirituali abbiamo una scala di valori che hanno vette di "pura qualità" (spiritualità, creazione, causa, responsabilità, libertà, consapevolezza, sopravvivenza, arte, estetica, scienza, pensiero, matematica), e "abissi" desolatamente "quantitativi" (materialismo, ipnosi, fissità, incoscienza, shock, schiavitù, ignoranza, irresponsabilità, egoismo, privazione, ossessione), ecc.
    La vera arte è in grado di sublimare creativamente la linea invisibile fra la causa e il ricevente, a qualsiasi livello essi operino.

  • [...] L’inserto domenicale del New York Times ha pubblicato [il 29 luglio scorso] un articolo intitolato L’algebra è necessaria?… “Pure i poeti o i filosofi devono studiare la matematica alle superiori”, si scandalizzava il povero politologo! E il suo argomento era che è giusto far sudare sulle equazioni o i polinomi gli studenti che se lo meritano, perché vogliono diventare ingegneri o fisici. Ma perché mai torturare gli altri, così sensibili, che vogliono invece scrivere versi o dedicarsi alla metafisica? (qui) [...]

  • [...] L’inserto domenicale del New York Times ha pubblicato [il 29 luglio scorso] un articolo intitolato L’algebra è necessaria?… “Pure i poeti o i filosofi devono studiare la matematica alle superiori”, si scandalizzava il povero politologo! E il suo argomento era che è giusto far sudare sulle equazioni o i polinomi gli studenti che se lo meritano, perché vogliono diventare ingegneri o fisici. Ma perché mai torturare gli altri, così sensibili, che vogliono invece scrivere versi o dedicarsi alla metafisica? (qui) [...]

  • jeanletellier01 16 agosto 2014 alle 20:34

    :)

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