Potrebbe essere la storia triste di una ragazza malata e morta di morte naturale, oppure la storia tragica di un’innamorata uccisa dall’uomo che amava. Il finale della vita di Virginia Quaranta, 32 anni, è ancora tutto da scrivere. E venti giorni dopo la sua morte le certezze della prima ora sembrano vacillare. Aritmia cardiaca, era stata la conclusione dopo l’autopsia. Ma forse c’è dell’altro. O almeno: c’è il fondato sospetto che quel finale possa essere scritto in modo diverso. Omicidio volontario, dice l’ipotesi di reato del fascicolo aperto adesso dalla Procura di Lecce. Che è andata anche oltre e ha deciso di indagare l’uomo (un cinquantenne) con il quale Virginia aveva una relazione, uno psicologo tutor per tirocinanti. Sarebbe stato fra gli ultimi a vederla, il giorno prima che la ritrovassero senza vita nel suo appartamento, a Lecce. Era il 18 di giugno.
Giallo sulla psicologa morta in casa
Il disordine «strano»
Quella mattina Virginia era attesa a un congresso, proprio a Lecce, e non capitava mai che non si presentasse a un appuntamento senza avvisare. Non vedendola arrivare i colleghi, dopo decine di telefonate, andarono a cercarla a casa. Avevano le chiavi, recuperate dal ragazzo con il quale Virginia condivideva l’appartamento e che non aveva legami sentimentali con lei. Entrarono. E la videro sul letto, ormai senza vita. Vicino al suo corpo diversi farmaci, altri erano sui mobili, mescolati ad alcuni documenti, e per terra. Sul corpo nessun segno apparente di violenza né se ne trovarono poi con l’autopsia. In camera però c’era disordine, a differenza del resto della casa, e fu questo il primo dettaglio che gli inquirenti notarono: era stonato rispetto a una ipotetica morte naturale. Virginia aveva una malattia grave e cronica ma che da sola non porta a crisi fatali. C’è la possibilità che abbia preso un cocktail mortale di farmaci ma la certezza si potrà avere soltanto con l’esito degli esami tossicologici (ancora in corso).
I telefoni cellulari
Ma perché, partendo da questi elementi e dopo più di due settimane, si è arrivati a indagare per omicidio volontario il professionista con il quale aveva una relazione? La risposta è semplice. Perché partendo da quello «strano disordine» come loro stessi lo definiscono, gli inquirenti hanno ipotizzato anche uno scenario diverso da quello della morte naturale e, tanto per cominciare, hanno sequestrato i due telefonini e il computer di Virginia e hanno controllato chiamate, mail e messaggi. E allora ecco spuntare il nome e i contatti frequenti, anche poche ore prima della morte, con quel professionista molto noto nel basso Salento, sposato e con due figli. Non solo. I messaggi recuperati dal cellulare della ragazza racconterebbero di un rapporto negli ultimi tempi piuttosto burrascoso fra i due.
Gli accertamenti
Ed è proprio per poter eseguire gli accertamenti tecnici sul telefonino dell’uomo che è stato necessario indagarlo. «Un atto dovuto» ripetono in procura, mentre lui — per bocca di Francesca Conte, l’avvocatessa che lo difende — dice che «non ho niente da nascondere», che «sono totalmente estraneo ai fatti» e che «questa è una tragedia che non ha niente a che vedere con me». Il pubblico ministero Francesca Miglietta ha affidato a un ingegnere informatico il compito di analizzare il contenuto dei messaggi telefonici e di recuperare eventualmente testi cancellati. La famiglia di Virginia sapeva che lei era malata ma non ha mai sentito parlare di suoi problemi cardiaci, quindi anche l’aritmia accertata dall’autopsia è un particolare messo nell’elenco dei dettagli che non tornano di questa storia. Un giallo sempre più giallo con il passare dei giorni.