Il beat,
il r&b...
Nascono a Milano nel 1965, nell’ambiente studentesco che ha già prodotto gruppi come i New Dada (dei quali ricalcano la formazione: due chitarre, basso, batteria, organo, voce solista). Il fondatore è Giovanni Fabbri, al quale si aggiungono Alberto e Giorgio Santagostino, Maurizio Cesana, Mario Geronazzo, Maurizio Masla.



(La prima foto degli Stormy Six, nell’autunno del 1965. Da sinistra: Toto Zanuso, Alberto Santagostino, Maurizio Masla, Mario Geronazzo, Maurizio Cesana e – sopra – Giovanni Fabbri).

Tra l’autunno del 1965 e la primavera del 1967 la formazione si mescola con quella degli Stregoni, gruppo fondato da Franco Fabbri, con Toto Zanuso, Franco Lombroso, Franco Arena, Peppo Mazzantini, Alberto Bianchi e, più tardi, Luca Piscicelli. Il repertorio è costituito in larga parte da pezzi dei gruppi inglesi più orientati al rhythm & blues (Animals, Them, Rolling Stones), e da r&b originali. Il primo singolo, inciso nel 1966 per la Bluebell (Mini Records), contiene una cover di «All Or Nothing» degli Small Faces (testo italiano di Mogol, con un titolo molto più conciliante: «Oggi piango») e una canzone di F. Fabbri, «Il mondo è pieno di gente». Se ne vende qualche migliaio, soprattutto a Milano.
...e i Rolling Stones
Pochi mesi dopo, insieme ad altri gruppi, partecipano alla prima tournée italiana dei Rolling Stones (aprile 1967): la formazione comprende M. Masla (voce), Fausto Martinetti (organo), F. Fabbri (chitarra), L. Piscicelli (chitarra), A. Santagostino (basso), T. Zanuso (batteria); il secondo singolo (canzoni di Fabbri: «Lui verrà» e «L’amico e il fico» riecheggia le oscillazioni tra madrigale e r&b degli Stones «sotto» Brian Jones. Un terzo singolo per la stessa casa discografica, con un titolo programmaticamente hippy («Fiori per sempre»), rimane nel cassetto, per il tentativo contemporaneo di lanciare il cantante Maurizio Masla come solista, sulle orme di Maurizio Arcieri. I primi Stormy Six praticamente si sciolgono qui.
Il primo LP
Si riformano poco dopo come quartetto (formazione classica: due chitarre, basso, batteria), con Franco Fabbri, Luca Piscicelli, Claudio Rocchi, Toto Zanuso. Ne nasce - a cavallo tra il ’68 e il ’69 - un LP curioso, tra il cantautoriale e lo psichedelico, certamente infuenzato dai Moody Blues di In Search Of The Lost Chord; l’album contiene qualche pezzo suggestivo: «Fiori per sempre» (riincisa), «Monna Cristina» (poi ripresa dai Nomadi), «Sotto i portici di marmo». Quest’ultima fa notare Claudio Rocchi come cantante e autore, e pone le basi della sua carriera di solista.
Country e politica
Indecisa sul ruolo e l’immagine del gruppo, la casa discografica propone (e ottiene) due cover dei Creedence Clearwater Revival: «La luna è stanca» (traduzione di Bruno Lauzi da «Bad Moon Rising») e «Lodi» (traduzione di Fabbri da... «Lodi»). Poco dopo Rocchi, al quale l’Ariston ha proposto un contratto come solista senza informarne gli altri componenti del gruppo, è sostituito al basso dal giornalista e conduttore radiofonico Massimo Villa. Seguono due singoli con canzoni di Fabbri, che manifestano una tendenza più decisa verso una freschezza country-pop, con testi che alternano romanticismo a ironia: «Alice nel vento» (retro «Il venditore di fumo»), che ottiene un buon successo nell’estate del 1970, e «Rossella», che ripete il risultato l’anno seguente. Ciò avviene soprattutto per l’appoggio della trasmissione radiofonica di Renzo Arbore «Alto gradimento», che programma con frequenza il retro, «Leone»: la canzone descrive candidamente le tentazioni di un «povero pendolare sulla strada per Milano», adescato dalle prostitute; ma gli scandali che porteranno anni dopo alle dimissioni dell’omonimo Presidente della Repubblica suggeriscono un’altra interpretazione. È cominciato, in qualche modo, il coinvolgimento politico degli Stormy Six. Nel 1971 partecipano al Festival pop di Viareggio («Avanguardia e nuove tendenze»), un baraccone parasanremese che ottiene però (in mancanza d’altro) un certo credito. Gli Stormy Six suonano «La manifestazione», una canzone scritta da Fabbri nel 1969; al gruppo si aggiunge, per l’occasione, un amico milanese: Eugenio Finardi. Il festival è «vinto» da Mia Martini, dalla PFM, dai Delirium, ma il buon successo induce la casa discografica a dare il via per un nuovo LP.
l’Unità
Nasce l’Unità, un LP anche stilisticamente bifronte: sulla prima facciata una serie di canzoni sull’unità d’Italia e sul brigantaggio meridionale (il film di Florestano Vancini Bronte, cronaca di un massacro viene girato nello stesso periodo), sicuramente in debito con il country rock «impegnato» americano (The Band, Neil Young, James Taylor); sulla seconda facciata un sound più corale, largamente (e in qualche punto anche insistentemente) ispirato a CSN&Y. «Pontelandolfo», una canzone che «mette in scena» con le parole delle cronache dell’epoca un episodio tragico del 1861, e «La manifestazione», in una versione più tesa e drammatica di quella presentata a Viareggio, dominano rispettivamente le due facciate. Tra gli ospiti in studio, alcuni nomi destinati a ricomparire più tardi altrove: Alberto Camerini (chitarrista elettrico nei due pezzi citati), Ricki Belloni (poi nei New Trolls, altro chitarrista in «Pontelandolfo»), Claudio Fasoli (poi nel Perigeo, sax soprano ne «La manifestazione». Il disco è in larga parte opera di Franco Fabbri, con il contributo di Massimo Villa e soprattutto di Giorgio Casani, che transita nel gruppo per un anno e mezzo circa ma che svolge un ruolo molto importante.



(Da sinistra: Franco Fabbri e Giorgio Casani, al primo festival di Re Nudo a Ballabio, 1971).
Il successo e la RAI
All’uscita, l’Unità viene salutata come uno dei migliori prodotti del nuovo rock italiano; la casa discografica ne viene incoraggiata a lanciare gli Stormy Six su un mercato più ampio, e ancora una volta in modo incongruente. Sottopone al gruppo una canzone del cantautore Mario Barbaglia, «Sotto il bambù», ispirata alla poesia omonima di T. Eliot («Under The Bamboo Tree»), che a sua volta citava una canzone dei primi del Novecento, in vista di una partecipazione al «Disco per l’estate». Gli Stormy Six, che nel frattempo hanno iniziato un’intensa attività di concerti «politici», trasformano il testo in una parabola antifascista, con un «pirata vestito di nero amico del ricco e dello straniero». La commissione di ascolto della RAI «boccia» la canzone, e la casa discografica esige (e ottiene) che il gruppo la riincida con un testo privo di senso, che rende popolare la filastrocca (e gli Stormy Six) presso il pubblico infantile. L’episodio chiude, poco gloriosamente, la seconda fase della carriera degli Stormy Six.
Guarda giù dalla pianura

Il gruppo decide di rafforzarsi, musicalmente e politicamente, importando tre musicisti coinvolti, insieme a Fabbri, nelle attività della Commissione musicale del Movimento Studentesco, sorta di «picchetto volante» della canzone politica che tra il ’71 e il ’73 esegue centinaia di concerti in scuole, fabbriche, quartieri. I tre sono Umberto Fiori, cantante e autore, studioso della canzone sindacale americana, di W. Guthrie e di Dylan (sui quali scriverà più tardi un noto libro); Tommaso Leddi, polistrumentista e compositore; Carlo De Martini, violinista. Entrano nel gruppo a tutti gli effetti nel giugno del 1973. L’impasto tra folk e classico, che si somma alla vena rock del gruppo, prefigura gli sviluppi successivi. Per farsi perdonare l’infelice vicenda di «Sotto il bambù», la casa discografica concede agli Stormy Six di registrare quasi subito un nuovo LP: il gruppo ne approfitta per «sciacquare i panni» nella canzone politica più rigorosamente definita, ricostruendo in Guarda giù dalla pianura il repertorio eseguito nei concerti che - sempre più numerosi - lo portano nelle piazze d’Italia. Fabbri e Fiori si alternano al canto, con un accompagnamento rigorosamente acustico; le canzoni di Guthrie sono quelle che suonano più naturalmente congeniali all’insieme, ma anche «Per i morti di Reggio Emilia», con il suo sound sinfonico, ottiene un’esecuzione suggestiva e adeguata alle intenzioni dell’autore (che per questa ballata sui fatti tragici del 1960 si era ispirato ai Quadri da un’esposizione di Musorgskij). L’attività concertistica prosegue freneticamente, e in un rapporto vivacissimo col pubblico (non manca mai, alla fine dello spettacolo, il famoso dibattito) nascono - per così dire - «a richiesta popolare» nuove canzoni. Ma la casa discografica non ha gradito la ruvida franchezza di Guarda giù dalla pianura, e passano due anni senza che gli Stormy Six tornino in studio. Qualche mese prima di Guarda giù dalla pianura, all’inizio del 1973, il gruppo aveva partecipato alla registrazione di «Compagno Franceschi», uno degli inni di piazza più cantati a metà degli anni Settanta, scritto da Franco Fabbri e pubblicato sotto il nome della Commissione musicale del Movimento Studentesco.



(Alcuni degli esecutori di «Compagno Franceschi» in studio di registrazione. Da sinistra: Carlo De Martini, Antonio Voltolini, Giorgio Politi, Tommaso Leddi, Michele Mozzati, Umberto Fiori, Franco Fabbri).

È questa, però, l’ultima volta che il gruppo viene coinvolto direttamente nell’attività di una forza politica: da questo momento in poi si definisce una linea di indipendenza destinata a sviluppi immediati e impensati.

Nasce l’Orchestra
Sul finire del 1974, proprio per garantire l’autonomia dei musicisti impegnati politicamente dall’invadenza propagandistica di partiti e partitini, e per tutelarli sotto il profilo economico e sindacale, nasce a Milano, l’Orchestra, la prima cooperativa musicale italiana. La presiede Fabbri, e tutti gli Stormy Six vi partecipano. Pochi mesi dopo, quando già l’Orchestra ha dimostrato la sua efficacia come agenzia di spettacoli, si presenta l’occasione di trasformarla anche in casa discografica. L’Ariston, casa discografica degli Stormy Six, si dice disposta a cedere il proprio diritto esclusivo sul gruppo, in cambio della distribuzione commerciale dei dischi eventualmente prodotti dalla cooperativa.
Un biglietto del tram
Nel giro di poche settimane, nella primavera del 1975, nasce il primo disco «indipendente» degli Stormy Six (uno dei primissimi, comunque, per un gruppo italiano): Un biglietto del tram. È un grande successo: distribuito porta a porta, nelle manifestazioni, ma anche nei negozi (qui, dall’Ariston) finisce per vendere quasi trentamila copie, una cifra esorbitante confrontata ai mezzi, e al periodo di grande crisi nel quale la discografia sta precipitando. «Stalingrado» diventa un inno di piazza. Un biglietto del tram è un disco molto particolare. Il contenuto è politico (le canzoni rievocano episodi della Resistenza) e il suono è rigorosamente acustico: ma nelle musiche e nei testi - tutte e tutti di ottimo livello - si coglie l’atmosfera del progressive rock inglese (Gentle Giant, Jethro Tull, Procol Harum), filtrato attraverso un rigore musicale che depura gli elementi blues a favore di una scrittura cameristica di sapore continentale, mitteleuropeo. È un lavoro autenticamente collettivo: Fiori e Leddi si aggiungono come compositori, il suono del violino di De Martini plasma l’impasto globale, tutto il gruppo collabora agli arrangiamenti. Tra l’altro, alla formazione si è aggiunto stabilmente anche il tecnico del suono, Giorgio Albani, primo caso del genere in Italia.
Musiche per il teatro
Nel 1975 e 1976 gli Stormy Six scrivono musiche di scena per 1789 (Teatro dell’Elfo), Tito Andronico (Teatro Uomo), Pinocchio Bazaar (Teatro dell’Elfo); i primi due lavori sono documentati nell’LP Cliché, il terzo, un vero e proprio musical di grande successo, non verrà mai inciso, anche se alcuni pezzi sono stati recuperati nell’LP Macchina Maccheronica, alcuni anni più tardi. Cliché è un disco strumentale, realizzato in collaborazione con i jazzisti Guido Mazzon (tromba) e Tony Rusconi (batteria: nel frattempo Toto Zanuso ha lasciato il gruppo): sconcerta il pubblico «politico», che si aspettava un bis di «Stalingrado», ma ottiene una calda accoglienza dalla critica, anche internazionale.
L’apprendista
Il «vero» seguito de Un biglietto del tram esce l’anno successivo (’77): si intitola L’apprendista e presenta molte novità. Il gruppo ha cambiato formazione: alla batteria è entrato, nell’autunno dell’anno precedente, Salvatore Garau (proveniente dal gruppo sardo dei Salis), stilisticamente incline al progressive con venature di jazz rock; presenze sempre più importanti sono Pino Martini (bassista dei Salis, che prima si affianca a Piscicelli e poi lo sostituisce) e Renato Rivolta (saxofonista e polistrumentista, già nel Nuovo Canzoniere Italiano, destinato a sostituire De Martini un anno più tardi). Ricompaiono gli strumenti elettrici, e il suono d’insieme è decisamente più rock. Anche L’apprendista è un disco «politico», ma in un senso più mediato: le canzoni (testi tutti di Fiori, musiche di Leddi - soprattutto - e di Fabbri) riflettono il clima politico-sociale dell’Italia del ’77, con un tono più incline all’osservazione critica che all’incitamento. Il pubblico apprezza soprattutto la polifonia «operaista» de «L’orchestra dei fischietti», ma nel disco ci sono brani di grande intensità (come «Il barbiere») e pezzi più decisamente sperimentali. Nel frattempo, il concerto degli Stormy Six si è arricchito di un’ampia parte teatrale, sviluppatasi attorno alla parodia delle radio «libere» e dell’americanizzazione della cultura italiana che il gruppo ha introdotto nel finale di «Arrivano gli Americani», un pezzo de Un biglietto del tram. È il primo esempio di cabaret-rock italiano.
In Europa
Nel 1977 il gruppo partecipa al Festival di Tübingen, dove ottiene un caloroso successo; si intensificano i rapporti con gli Henry Cow, conosciuti durante una tournée italiana del 1976, e nei primi mesi del ’78 nasce Rock In Opposition, un’organizzazione di gruppi che comprende Henry Cow, Stormy Six, Univers Zero (Belgio), Etron Fou e Art Zoyd (Francia), Samla Mammas Manna (Svezia). Nel marzo del ’78 gli Stormy Six, dopo una tournée in Germania, partecipano al festival di RIO a Londra; il Melody Maker li recensisce entusiasticamente. Inizia qui una lunga attività internazionale che vede il gruppo sempre più impegnato in Europa, e gradatamente meno presente sulle scene italiane: suonano in Spagna, Francia, Inghilterra, Svezia, Austria, Svizzera, e soprattutto nelle due Germanie, dove sono altrettanto popolari.



(Tommaso Leddi dirige «Enzo» alla Volksbühne di Berlino, 1979; da sinistra Salvatore Garau, Renato Rivolta, Franco Fabbri, Umberto Fiori, Tommaso Leddi).
Macchina Maccheronica
Nel 1980 esce in Germania Est Alternative, un’antologia di pezzi dai primi tre LP incisi per l’Orchestra, e nello stesso anno Macchina Maccheronica, il nuovo LP (registrato a Kirchberg, in Svizzera) vince in Germania Ovest il premio della critica discografica come miglior LP di rock dell’anno (i Police si classificano secondi!). È un disco molto elaborato, decisamente più comprensibile dal pubblico europeo che ha conosciuto gli Stormy Six come gruppo d’avanguardia, che dal pubblico politicizzato italiano, sempre più «reduce» e nostalgico di «Stalingrado». L’LP segna l’ingresso di Pino Martini fra gli autori, mentre Leonardo Schiavone (clarinetto) sostituisce Rivolta; Georgie Born, ex-Henry Cow, partecipa alla registrazione al violoncello; Umberto Fiori, oltre che autore dei testi, è ormai l’unica voce solista. Macchina Maccheronica sancisce l’ingresso degli Stormy Six nelle playlist delle radio FM americane specializzate, nelle antologie delle etichette indipendenti inglesi, nella programmazione dei teatri tedeschi più prestigiosi, ma in patria crea - nel circuito dei Festival de l’Unità - qualche sconcerto. Le lunghe composizioni cameristiche, come «Verbale» e «Le lucciole», ricche di scarti, sfasamenti stilistici, silenzi alternati a sprazzi violenti, si adattano poco al «porcellino Amintore» (ne nasce anche una polemica, sulle pagine del quotidiano comunista). Il gruppo, intanto, cerca di farsi conoscere come Macchina Maccheronica, sostituendo il vecchio nome. Ci riesce in Germania, ma altrove resta conosciuto come Stormy Six.
Al volo
Da queste contraddizioni, e da un assestamento definitivo di formazione che riduce il gruppo a un quintetto (esce Stefano Barbaglia, che aveva sostituito Schiavone), nasce il progetto di Al volo. È un disco di canzoni, con sonorità elettriche ed elettroniche, registrato con cura e mezzi fino ad ora inaccessibili al gruppo. Esce nell’82, salutato dalla critica (anche italiana) come il prodotto maturo di un gruppo rock di livello internazionale. È un piccolo gioiello di rock moderno, in cui si distinguono «Piazza degli affari», «Panorama» e «Roma»: ma il fallimento del tentativo di costruire una rete di distribuzione comune per le etichette indipendenti lo costringe alla clandestinità. Esaurite le prime migliaia di copie, scompare dal mercato; dopo la tournée estiva, rimasto in mezzo al guado tra l’organizzazione artigianale su cui si è sempre basato e l’assetto industriale necessario per continuare, il gruppo decide di sciogliersi. Un tentativo di arruolarlo nel «clan Battiato» rimane senza esito, se non una piccola serie di provini non pubblicati. Gli ultimi concerti avvengono a Vienna e in Svizzera, nell’autunno dell’82. Segue una breve appendice, con il «progetto Cassix»: una collaborazione al Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano tra tre Stormy Six (Fiori, Fabbri, Martini) e tre Cassiber (Chris Cutler, Heiner Goebbels, Alfred Harth), documentata dalla RAI e in seguito da Recommended Records.
Un concerto
Si riformano nella primavera del 1993, in occasione del concerto del 10 maggio al Teatro Orfeo di Milano che sarà successivamente documentato sul CD live Un concerto (Sensible Records - Radio Popolare). La formazione: Fiori, Fabbri, Leddi, De Martini, Martini, Garau, con Albani al mixer. Seguono altri concerti: a Bari (1993), a Milano (Centro sociale Leoncavallo, 1994), a Torino e Milano (Palatrussardi, 1995), a Milano (Centro sociale Leoncavallo, 1996), a Milano (Zelig, 1997), Bologna (Livello 57, 1997), Roma (Villaggio globale, 1997), Torino (Settembre Musica, 1997), Milano (1998, 2001, 2002, 2003, 2005). Nell’estate del 2005 è stato un concerto degli Stormy Six (ospite Moni Ovadia) ad aprire il Mittelfest, a Cividale del Friuli.



(Prove a Cividale: da sinistra Moni Ovadia, Salvatore Garau, Tommaso Leddi, Umberto Fiori, Carlo De Martini, Pino Martini, Giorgio Albani).

Nel 2008 Suoni e Visioni ha affidato agli Stormy Six (con la partecipazione di alcuni vecchi collaboratori: Zanuso, Villa, Casani, Rocchi, Finardi, Belloni), a Ivan Della Mea e a Donovan il compito di ricordare il Sessantotto.